Connect with us

REDAZIONE

EDITORIALE | FAIR-PLAY, GIOCO LEALE (di Silvio Cirone)

Published

on

Condividi il Post

Shares

Editoriale di Silvio Cirone


“Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla” – (Pierre de Coubertin)

Partendo da questo assunto che rileva in modo inequivocabile l’incipit e la bellezza dello sport, andiamo ad analizzare al meglio e, sotto diversi punti di vista, l’esecuzione del  gioco leale – cd “FAIR PLAY”.

Non si tratta di una regola scritta, bensì di un comportamento eticamente corretto da adottare nella pratica delle diverse discipline sportive.

Fair play significa rispettare le regole e l’avversario, accettare e riconoscere i propri limiti, sapere che i risultati sportivi ottenuti sono direttamente correlati all’impegno profuso.

Tuttavia il concetto di fair play non si esaurisce nel semplice rispetto delle regole.

Esso, infatti, promuove valori, tanto importanti nella vita quanto nello sport, come l’amicizia, il rispetto del prossimo ed, ovviamente, lo spirito di gruppo.

Il fair play insegna, in una società in cui il fine giustifica spesso il mezzo, a saper perdere e a considerare anche la sconfitta un insegnamento prezioso per la crescita “umana” e “agonistica” della persona e quindi della squadra.

La sempre maggiore spettacolarizzazione della società moderna influenza anche il mondo dello sport; l’estetica e la forma dominano spesso sulla sostanza.

I corpi degli atleti sono sempre più ossessionati dalla loro cura, dal loro miglioramento estetico e visivo e dalla loro efficienza sportiva.

Tutti gli ambienti sportivi non sono immuni da questa tendenza e l’allenamento spesso è centrato quasi esclusivamente sulla prestazione agonistica dell’atleta, trascurandone quella psicologica, mentale e relazionale altrettanto importanti per la crescita dello sportivo e, di conseguenza, dello spettacolo – nel panorama calcistico, ricordo a tal proposito, Mr. Arrigo Sacchi.

Ancor prima di un modo di comportarsi, il fair play è un modo di pensare allo sport come un’occasione di partecipazione e di assunzione di responsabilità anche collettiva.

Il Fair Play è lotta all’inganno, alla violenza fisica e verbale e alla corruzione.

Lo sport praticato con fair play offre agli individui l’opportunità di conoscere meglio se stessi e gli altri; di fissare e di raggiungere, attraverso la perseveranza e il sacrificio, gli obiettivi prefissati; di ottenere successi personali; di acquisire e migliorare le proprie capacità tecniche e dimostrare abilità; di interagire socialmente, divertirsi e raggiungere un buono stato di salute.

La lealtà nello sport è benefica per l’individuo in genere, per chi pratica sport e per chi assiste o tifa per lo sport, poiché tende a migliorare la società nel suo complesso.

Va ricordato, infatti, come gli atleti, in particolare quelli che praticano l’attività sportiva ai più alti livelli, rappresentino per molti giovani dei modelli di riferimento ed hanno dunque una grande responsabilità nei loro confronti.

Loro per primi devono fornire sani plasmi comportamentali mettendoli in pratica durante lo svolgimento dell’attività sportiva.

Il lato educativo, formativo e sociale dello sport si mostra in tutta la sua forza soltanto quando il fair play viene posto al centro dell’attenzione di tutti, praticanti e non, e solamente se non viene considerato un concetto marginale.

Al Fair Play deve essere dunque attribuita la massima priorità da parte di coloro che, direttamente o indirettamente, favoriscono e promuovono esperienze sportive.

Nel 1975 il C.I.F.P. (Comitato Internazionale Fair Play) pubblicò “La Carta del Fair Play”, un documento che racchiudeva i concetti fondamentali del fair play.

Questo documento è un decalogo internazionale dei nobili principi cui chiunque pratichi lo sport dovrebbe ispirarsi.

Qui di seguito i dieci punti su cui esso si fonda:

  1. fare di ogni incontro sportivo, indipendentemente dalla posta e dalla importanza della competizione, un momento privilegiato, una specie di festa;
  2. conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato;
  3. rispettare i miei avversari come me stesso;
  4. accettare le decisioni degli arbitri o dei giudici sportivi, sapendo che, come me, hanno diritto all’errore, ma fanno tutto il possibile per non commetterlo;
  5. evitare le cattiverie e le aggressioni nei miei atti, e mie parole o miei scritti;
  6. non usare artifici o inganni per ottenere il successo;
  7. rimanere degno della vittoria, così come nella sconfitta;
  8. aiutare chiunque con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione;
  9. portare aiuto a ogni sportivo ferito o la cui vita sia in pericolo;
  10. essere un vero ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi suddetti.

ANAMNESI E CRITICA

Ogni giorno i giornali sportivi, e non, esaltano il FAIR PLAY nel modo dello sport professionistico, in particolare quello calcistico, dove proprio a mio parere non esiste.

La sceneggiata del saluto degli atleti prima e dopo l’incontro, il porgere la mano dopo un fallo, l’aiuto a un avversario dopo una caduta, non sono definibili come “FAIR PLAY”, sono più in generale:  gesti di cortesia, gesti dovuti, gesti di educazione, che almeno quasi tutti dovrebbero offrire.

Eppure sui giornali si scrivono pagine con la parola magica, per nascondere altri gesti antisportivi, come:  gomitate, gol realizzati con le mani, contestazioni, sputi etc.

LA MIGLIORE DEFINIZIONE

Ma che cosa è allora il FAIR PLAY?

Se “etica” significa rispetto delle “regole” anche non scritte, ma intimamente avvertite, il FAIR PLAY è un surplus del rispetto delle regole, è un surplus di etica, va oltre questo significato, perché va oltre le regole.

Secondo me e, secondo la letteratura in genere, il FAIR PLAY può essere definito come:

  1. amore di verità che in qualche caso contrasta anche con la regola;
  2. onore per l’avversario ritenuto ingiustamente penalizzato dalla regola ed è un moto spontaneo dell’anima per riportare verità al risultato.

L’essenza del FAIR PLAY viene individuata in atteggiamenti e gesti di lealtà, di rispetto e di onore per l’avversario, di fedeltà alla verità del risultato anche contro la propria utilità.

Cito ad esempio del Fair Play il gesto di Eugenio Monti nei confronti dell’inglese Tony Nash nella finale per l’alloro di bob a due alle Olimpiadi Invernali di Innsbruck (1964).

Eugenio Monti nell’ultima prova realizza un ottimo tempo, e solo l’inglese avrebbe potuto batterlo.

Monti, avvertito che l’avversario, avendo rotto un pezzo del suo bob, non avrebbe preso il via nell’ultima decisiva discesa per il titolo olimpico, stacca un pezzo corrispondente del suo mezzo e lo fa consegnare all’avversario, che conclude la prova a tempo di record, vincendo la medaglia d’oro.

Chi ama il Fair Play non è un eroe, ma è solo “AMANTE DEL VERO”!

 

Condividi il Post

Shares

ISCRIVITI UISP MAGAZINE TV



80°minuto

Highlights

SPECIALI UISP MAGAZINE

Albo d'Oro

Trending

INFO UISP MAGAZINE
Invia via WhatsApp