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EDITORIALE | L’Allenatore di Calcio ed il suo ruolo fondamentale nella squadra

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Editoriale di Silvio Cirone

“Un buon allenatore è qualcuno che ti dice quello che non vuoi sentire, ti fa vedere quello che non vuoi vedere, in modo che tu possa essere quello che hai sempre saputo di poter diventare”

Partendo da questo assunto balza evidente la criticità del ruolo, basato principalmente sulla comunicazione critica, la valutazione e talvolta la manipolazione dell’altrui personalità, con fine unico di condizionare e concretizzare al meglio l’attitudine alla prestazione sportiva positiva dell’atleta.

Senza entrare nei meccanismi di “allenamento e tattica”, che in questa sede poco interessano, un aspetto sicuramente importante per chi riveste questo ruolo è quello comunicativo, comunicare dal latino communio, significa mettere in comune ovvero condividere.

Comunicare non è, come in genere si pensa, l’atto unidirezionale con il quale trasmettiamo un messaggio ma bensì è qualcosa di più complesso ed indefinito, basato sulla circolarità della parola – trasmessa, percepita e recepita/capita; per questo infatti quando vogliamo rappresentare schematicamente un flusso comunicativo lo individuiamo sempre in maniera circolare.

Possiamo quindi definire il comunicare come il processo con il quale si trasferiscono informazioni da una fonte di trasmissione (emittente-allenatore) ad uno o più destinatari (ricevente-giocatori) attraverso l’invio di un messaggio il più preciso possibile.

Di frequente il mister si troverà ad assumere la posizione di ricevente in quanto è allo stesso tempo importante ricevere impulso dalla comunicazione altrui, saper ascoltare e partecipare ad un processo comunicativo iniziato da altri soggetti, in certi casi può fare la differenza.

Spesso si paragona la comunicazione efficace con la capacità di motivare gli atleti. Indubbiamente la motivazione riveste un’importanza  notevole nella prestazione sportiva e di conseguenza nella comunicazione all’interno di un ambiente sportivo, ma il parallelo comunicazione = motivazione non è mai troppo pertinente.

La motivazione è solo parte di una comunicazione efficace ma non la viene ad esaurire nella sua complessità ed interezza.

Quando parliamo di comunicativa in ambito calcistico, il pensiero corre veloce verso quello che è riconosciuto – ancora fino a quando? – come il più grande tra gli allenatori in attività cioè J. Mourinho.

Un grande personaggio prima che un buon allenatore, capace come pochi, di utilizzare tutti gli strumenti moderni per trasmettere agli altri il proprio pensiero, per creare polemiche ad hoc, per smorzarle, un provetto maestro riconosciuto da tutti.

A mio avviso, effettuando un accostamento ossimorico, c’è un altro allenatore altrettanto capace che da sempre ha suscitato in me  delle emozioni per il suo particolare modo di comunicare cioè Z. Zeman.

Che l’allenatore portoghese sia un grande comunicatore è patrimonio di tutti, che lo sia altrettanto anche l’allenatore boemo un po’ meno.

Ma dobbiamo tener presente che esistono diversi modi di comunicare e tutti possono essere similmente validi, diretti e precisi.

Appaiono immediate le differenze tra i due allenatori, uno eccessivamente istrionico ed espansivo, a volte strumentalmente litigioso e provocatore con dialettica spinta, l’altro, parsimonioso nell’utilizzo delle parole, flemmatico, a tratti ermetico all’inverosimile, con un linguaggio verbale quasi inesistente ed uno paraverbale altamente comunicativo.

Ebbene a mio avviso ritengo che entrambi siano due grandissimi comunicatori.

Uno degli aspetti che caratterizzano una squadra vincente è rappresentato da una sorta di elemento impalpabile, fondamentale nel rapporto tra allenatore ed atleta, il primo deve essere “sempre” in grado di sperimentare e mettere a fuoco una profonda comprensione empatica del mondo dell’altro (privato e motivazionale).

“L’empatia è la capacità di leggere fra le righe, di captare le spie emozionali, di cogliere anche i segnali non verbali indicatori di uno stato d’animo e di intuire quale valore rivesta un evento per l’interlocutore, senza lasciarsi guidare dai propri schemi di attribuzione di significato”.

In realtà, il gruppo vincente è caratterizzato dal comportamento dell’allenatore che riesce a cristallizzare in una condizione fisico-atletica e psicologica, le sue abilità tecnico-tattiche unite ad una corretta gestione delle dinamiche del gruppo che permettono ai giocatori che lo compongono di stabilire delle relazioni funzionali agli obiettivi posti in primis dalla società e, di conseguenza, dallo stesso coach.

E’ ultroneo, in questa anamnesi,  ricordare che rimproverare un giocatore non fa parte dei compiti di un buon allenatore, “correggere si”.

E’ bene evidenziare che, come si legge spesso in letteratura, il rimprovero serve unicamente per ‘’attirare l’attenzione’’, mentre la “correzione” serve a elidere definitivamente l’errore facendolo transitare nel “bagaglio esperienziale dell’atleta”.

Un grande allenatore deve mantenere sempre la leadership, sostenendo comportamenti volti ad influenzare le attività del proprio gruppo, organizzato con il solo fine di perseguire e cogliere un comune obiettivo, essere vincente.

La leadership è definita come il processo che guida individui o gruppi verso il raggiungimento di obiettivi.

Il termine “leadership” deriva dal verbo inglese “to lead” che significa, appunto, “guidare, o meglio condurre”.

Pertanto, l’allenatore leader ha il compito di guidare – ovvero portare alla vittoria –  un  gruppo di atleti attraverso il componimento della trama per il raggiungimento di obiettivi di squadra comuni a tutti.

Una leadership efficace è frutto dell’impatto positivo  che un allenatore ha sulle dinamiche del proprio gruppo, attenzione però: i leader di uno stesso gruppo riescono ad influenzarsi reciprocamente (allenatore/atleta) ed è in questo frangente che la normale convivenza può diventare conflitto – ultimamente giova ricordare lo strano rapporto tra il fortissimo calciatore Cristiano Ronaldo ed il proprio allenatore R. Benitez, apparso sulla stampa.

In sostanza chiarisco la criticità del ruolo con una citazione di Alex Ferguson, per me particolarmente significativa:

“Allenare significa affrontare una serie infinita di sfide: la maggior parte di esse ha a che vedere con la fragilità dell’essere umano.”

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